Intervista - Claudio Ragno, CEO ESC2

Intervista 

Claudio Ragno,CEO ESC2

Abbiamo intervistato il CEO di ESC2 per scoprire alcune curiosità personali, il modo di intendere la sicurezza e le novità dell’azienda. Leggiamo insieme cosa ha avuto da dirci.

  1. Nome, Cognome e ruolo

Claudio Ragno, CEO.

 

  1. Sicurezza come lavoro o come modus vivendi?

La sicurezza è un modus vivendi perché per poterla approcciare nella maniera giusta c’è bisogno di un corretto approccio mentale. In vita mia non ho mai preso un virus, nonostante non abbia mai installato l’antivirus in 20 anni di lavoro. Questo proprio perché è appunto un approccio mentale: non aprire mail sconosciuti, non aprire link sospetti, diffidare da qualsiasi cosa provenga da un interlocutore e un mezzo che crediamo siano sicuri. Nel mezzo c’è sempre il web che nasconde le varie insidie. Per poter fare sicurezza serve l’approccio mentale giusto.

 

  1. In che modo la Security fa parte della tua vita?

La Security è una passione: è capire perché si vanno a generare alcune situazioni. È logica. Avendo quasi 54 anni mi ricordo quando nacquero i primi call center negli anni 90, ci fu un boom delle vendite. Perché? La sicurezza va a toccare un meccanismo particolare della psiche umana. Come animali, quando percepiamo la paura e ci sentiamo minacciati, reagiamo aumentando il livello di sicurezza. Quando sono nate le nuove tecnologie, dal call center al computer, siamo stati naturalmente portati ad abbassare il livello di sicurezza. Una proposta di vendita che avviene telefonicamente, non veniva percepita come una minaccia perché la persona non era davanti a noi fisicamente e allora abbassavamo il livello di guardia. Così avviene oggi sul web. Anche sul cellulare è così: lo consideriamo un compagno di viaggio, quando invece ci sono tutte le nostre informazioni sensibili. La sicurezza è un atteggiamento sociale e umano che va radicato e cambiato rispetto a quello a cui siamo abituati. Sono gli aspetti psicologici che fanno sì che la sicurezza abbia per me un fascino magnetico.

 

  1. Da quali ideali è mosso il tuo lavoro?

La curiosità. La ricerca di nuove tecniche. Il confronto con gli altri. La parte di gestione, perché avendo un ruolo aziendale importante, considero i miei collaboratori come figli. Andare a vedere come stanno, capire, coccolarli, dargli supporto. Il driver principale che muove il mio lavoro, rimane la curiosità: faccio sempre domande per capire cosa stanno facendo di nuovo e come si stanno misurando. La curiosità mi dà entusiasmo. Se non fosse così sarei solo un bravo amministratore ma non ci sarebbe questa differenziazione che fa sì che nel mercato riusciamo a distinguerci.

 

  1. Il tuo manager ideale che caratteristiche deve avere?

Deve essere pronto a tutto. Tendo sempre a buttare il cuore oltre l’ostacolo e a spostare l’asticella del limite sempre più avanti. Il mio manager ideale deve essere una persona che mi segue. Deve essere competente, bravo. Soprattutto deve essere una persona con la passione che ci unisce nel percorso, oltre alle caratteristiche imprescindibili di linea. Senza la passione non saremmo in sintonia, è un aspetto fondamentale. L’uomo è mosso dalla passione, dal desiderio: è un concetto che ho inculcato anche nei miei figli.

 

  1. Come lo individui?

Oltre allo screening tecnico e al CV è fondamentale conoscerlo, confrontarci, parlare anche del più e del meno perché è da quello che si capisce se una persona ha le caratteristiche che lo rendono compatibile e ideale. Perché è possibile che sia ideale ma non compatibile caratterialmente. È sempre il linguaggio del corpo che fa la differenza.

 

  1. Il vero valore aggiunto di Infosync

Infosync ha la capacità di andare a mettere a disposizione non solo un tool che permette all’utente finale di fare semplicemente l’Integrated Risk Management ma uno strumento in cui dentro abbiamo messo ciò che chiamiamo la Knowledge Base: la nostra conoscenza della materia raccolta in anni e anni in cui abbiamo collaborato con grosse aziende, medie aziende, Enterprise, su tutti i mercati: sul mercato Telco, sul mercato Finance, sul mercato Assurance, sul mercato Utility. Questo filamento che oggi chiamiamo Scenari di Rischio e dietro a al quale c’è uno studio e una conoscenza enorme, non sono altro che un set di situazioni precaricate che permette all’utente finale di percepire la sicurezza secondo la giusta minaccia. Oggi è con questo che ci dobbiamo confrontare. La sicurezza è un modus operandi ma va anche compreso: se uno ha la giusta percezione della minaccia, fa di tutto per ridurla; se uno non ha conoscenza della minaccia, non ha la percezione e non ci fa caso. È come nei paesini in cui si lasciano le chiavi della porta perché non succede niente e in città invece non si lasciano. Infosync vuole essere questa componente di Knowledge Base applicata all’analisi dei rischi che va oltre gli standard e i controlli.  Grazie alla capacità di fare uno scoring dell’impatto, siamo in grado di prevedere il rischio. Non correla semplicemente i dati, dicendoti quale vulnerabilità hai. Questa scelta ci porta ad avere un valore aggiunto: non siamo un general purpose, ci caliamo su misura nel contesto del cliente.

 

  1. Sappiamo che il mondo femminile della cybersecurity è in grande espansione, alcune parole per le sue collaboratrici donna?

Su questo ne abbiamo fatto un punto fondamentale all’interno della nostra società. Nell’area consulting che oggi è la punta di diamante e che si occupa di sviluppare strategie di sicurezza, la maggior parte sono tutte donne. Fino a qualche anno fa anche la responsabile dell’area era donna. L’importanza della figura femminile nella sicurezza oggi è fondamentale, perché la donna nasce con una predisposizione per la sicurezza. L’uomo lo è meno, perché si sente più forte fisicamente e quindi più pronto a reagire alla minaccia. La donna invece tende a impostare una strategia molto più efficace per prevenire ed evitare la minaccia. Ce l’ha nel DNA, è perfetta come consulente specialmente nelle strategie di sicurezza. In questo percorso fatto negli ultimi 5 anni, durante il quale abbiamo formato tante donne, siano noi che i nostri clienti abbiamo avuto grandi riscontri positivi e ottenuto grandi soddisfazioni.

 

  1. Le ultime novità della tua azienda

L’azienda è in crescita da 5 anni e lo è anche in questo momento molto particolare, un momento in cui non era previsto il fenomeno pandemia. Siamo riusciti ad adattare un nuovo modo di pensare e lavorare con successo e siamo riusciti nel frattempo ad evolvere, cambiando alcuni approcci: cambiando l’approccio dello sviluppo, cambiando alcuni algoritmi salienti all’interno del prodotto perché ci siamo resi conto che alcune minacce non sono solo tecnologiche ma sono anche di diversa natura e che vanno a impattare sull’ecosistema della sicurezza.

Oggi la cybersecurity è sulla bocca di tutti ed è un tema molto importante. Anche le aziende che in passato non ne avevano mai avuta una, vogliono tutte avere un’unità di cybersecurity all’interno. Quindi nonostante i consulenti di sicurezza siano pochi – mancano circa 1 milione di esperti nel mondo secondo un report di Gartner – siamo riusciti a mantenere un turnover molto basso e a reggere molto bene gli impatti del turnover rispetto alle competenze di sicurezza. Voglio pensare che i miei collaboratori si sentano uniti da un intento che va al di là del mero lavoro e che siamo riusciti a creare un senso di appartenenza che fa sì che l’azienda sia compatta.

 

  1. Lo smart working è un’opportunità o un ostacolo?

È stata un’opportunità. Personalmente ho notato che a volte facevamo tantissime trasferte. Andavo a Milano ad esempio per 1 o 2 volte a settimana per incontri brevi. Era certamente un grosso investimento di tempo e oggi è stato sostituito senza rimpianto da una maniera più efficace. La cosa negativa è il distacco fisico. Lo smart working un po’ mina lo spirito di squadra: stai dall’altra parte e fai il tuo lavoro con passione ma è diverso dall’avere dei momenti in cui ci si siede insieme allo stesso tavolo, si condividono percorsi e strategie. Si possono fare ugualmente ma ancora non è la stessa cosa, ancora non si ha la stessa partecipazione emotiva ma magari miglioreremo anche su questo aspetto. Sicuramente i benefici sono tanti, anche perché molti collaboratori lavorano perfino se necessario il weekend o la sera. Si è aumentata l’efficienza, è cambiata la gestione dei tempi, si ottimizza la produttività ma a lungo andare se non si trova una modalità efficace di comunicazione con i collaboratori si può arrivare a un distacco emotivo, non sentirsi totalmente parte integrante di un percorso. Siamo animali sociali, è scritto nel nostro DNA, siamo abituati a vederci perché il linguaggio del corpo ha una potenza impressionante.

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